The Donald lo disse chiaramente davanti ai generali e alle telecamere: “Maduro è un signore della droga travestito da presidente”. Ora si inizia a fare sul serio
Per Washington, il Venezuela non è più soltanto un Paese in crisi, ma un nodo criminale che alimenta traffici, corruzione e instabilità in tutto il continente. È da anni che le agenzie americane documentano come le rotte della cocaina passino ormai più da Caracas che da Bogotá.

La DEA parla apertamente di un “narco-Stato”, dove generali, ministri e funzionari pubblici gestiscono il traffico come se fosse un’industria statale.
Al centro di tutto c’è il Cartel de los Soles, la rete di ufficiali delle forze armate reinventatisi narcos. Nel dettaglio: il tesoro sporco di Maduro: oro giallo, oro nero e cocaina al servizio del regime
A partire dal 2 settembre 2025, gli Stati Uniti hanno intensificato le loro operazioni nel Mar dei Caraibi, colpendo più imbarcazioni sospettate di trasportare narcotici. Queste azioni hanno portato alla distruzione di almeno quattro imbarcazioni, con un bilancio di oltre 20 morti.
Trump ha dichiarato che queste operazioni fanno parte di una “guerra contro i cartelli della droga“, definendo i trafficanti come “combattenti illegali” e giustificando l’uso della forza militare senza l’approvazione del Congresso.

E già ad inizio agosto il Dipartimento di Giustizia aveva rilanciato la taglia più alta della storia per un capo di Stato in carica: 50 milioni di dollari per chi porterà alla cattura di Nicolás Maduro, accusato formalmente di narcotraffico e terrorismo internazionale.
Dietro la guerra alla droga c’è molto di più. C’è la convinzione, tipicamente trumpiana, che il narcotraffico non sia soltanto un problema di polizia o di salute pubblica, ma una forma di guerra ibrida condotta da regimi corrotti per indebolire l’Occidente.
Ogni grammo di cocaina che entra negli Stati Uniti è una pallottola contro la società americana. E ogni dollaro che finisce nelle mani del chavismo rafforza l’asse tra Caracas, Mosca e Teheran.

Per questo la nuova strategia americana vede nel Venezuela non solo una minaccia criminale, ma un alleato degli avversari strategici di Washington. Per Trump, il Venezuela non è più uno Stato sovrano, ma un’organizzazione criminale che usa la bandiera come copertura e la fame del popolo come arma.
“Non ci può essere pace finché i narcotrafficanti sono al potere. E non ci sarà più un Sud America controllato dai criminali. Non sotto la mia presidenza.”
Caracas ha risposto invocando il Diritto Internazionale e le Nazioni Uniti. Seguiremo gli sviluppi. Mi immagino che il regime metterà mano al portafoglio (e al petrolio) per calmare le acque turbolente dei Caraibi. Non conosce altri modi per sopravvivere.
Anche se il vero ago della bilancia sarà la convinzione di Trump: andare fino in fondo e riportare il Venezuela nel giardino di casa, o accontentarsi di una riduzione dell’influenza dei Paesi ostili nella regione?

