La storia del Deportivo Italia di Caracas

Il Venezuela non è un Paese famoso per il calcio. Non è come l’Argentina o il Brasile. Anzi, a dirla tutta, il calcio non è nemmeno lo sport più seguito in Venezuela. I venezuelani a questo preferiscono il baseball. Sono gli unici latini del Sudamerica così matti da non subire il fascino del pallone. Ecco perché è ancora più importante parlare del Deportivo Italia di Caracas.

C’è stato un tempo, neanche non troppo lontano, in cui il calcio venezuelano era molto competitivo e seguito. E, come di solito accade quando si parla del Venezuela, c’è lo zampino dei migranti italiani.Deportivo Italia Venezuela

Nel 1948, seguendo l’esempio di altre comunità, gli italiani di Caracas fondarono una loro squadra di calcio, il Deportivo Italia, i cui giocatori erano chiamati niente meno che Los Azules, dal colore della maglietta: azzurra come quella della Nazionale italiana.

Questa allegra comitiva fa fatica ad ingranare fino al 1958, anno in cui alla guida del club arrivano i fratelli Mino e Pompeo D’Ambrosio. Quest’ultimo già noto a Caracas per il suo lavoro nel Banco Latino, ente che aiutava gli italiani e le loro aziende. Parte così la scalata ai vertici del calcio venezuelano, con il Deportivo Italia che diventerà per ben 4 volte campione del Venezuela negli anni 60 e 70.

Il miracolo del Maracanazo

Ma la vera impresa che farà del Deportivo Italia una leggenda che riecheggia ancora oggi avviene solo il 3 marzo del 1971 quando Gli Azzurri partecipano alla Copa Libertadores, il trofeo più importante per i club sudamericani. Dopo zero punti in classifica nelle prime due partite del girone, gli italiani del Venezuela sono attesi in trasferta allo stadio Maracanã contro il terribile Fluminense.

Tutti si aspettano la vittoria dei padroni di casa, tanto che la stampa locale quando va bene snobba completamente il Deportivo, quando va male ne parla in maniera non molto elegante.

Il Maracanã è infatti un deserto per i suoi standard. Gli azzurri scendono in campo con l’unico obiettivo di limitare i danni, giocare di contropiede per sorprendere i brasiliani, in pieno italico catenaccio.

La partitaFormazione Deportivo Italia - pequeño Maracanazo

Dopo un’ora abbondante di schiaffi brasiliani, il Deportivo è ancora in piedi e il punteggio bloccato sullo 0-0, ma tutto sta per cambiare. Al 71esimo l’accattante azzurro Nelson Militello trova il buco per un contropiede perfetto e si lancia verso la porta avversaria a velocità folle.

Arriva faccia a faccia con il portiere della Fluminense, Vitorio, che è costretto ad atterrarlo: calcio di rigore, grosso come una casa. Sul dischetto si presenta Manuel Tenorio che spacca la porta: il Deportivo Italia è in vantaggio quando manca poco meno di un quarto d’ora alla fine.

Sul Maracanã cala un silenzio di tomba. I 26mila spettatori ci mettono un po’ per riprendersi, sono increduli. Poi torna l’inferno sugli spalti e in campo. Fasano, il portiere azzurro, abbassa la saracinesca e a tratti sembra un Dio, para qualsiasi cosa, destro, sinistro, colpo di testa. È impossibile fargli goal, grazie anche ai legni che lo salvano in tre occasioni.

Arriva il triplice fischio dell’arbitro. È finita, ragazzi. Quegli “scappati di casa” del Deportivo Italia ce l’hanno fatta. Diventano la prima squadra venezuelana della storia a violare il tempio sacro del futebol brasileiro, il Maracanà.

Reazioni

Il giorno dopo la partita, il quotidiano Meridiano intitolò a tutta pagina “Milagro” e il Presidente del Palmeiras, club brasiliano fondato da migranti italiani, regalò ai calciatori del Deportivo 500 dollari a testa per l’umiliazione inflitta agli storici rivali. Si verrà poi a sapere che sugli spalti ci furono anche infarti e malori dei tifosi del Fluminense.

L’eco di questa partita risuonerò tanto a fondo in Brasile che la stampa ribattezzò la partita come pequeño Maracanazo, piccolo maracanazo, a ricordo dell’umiliazione di 20 anni prima, quando sempre al Maracanã l’Uruguay sconfisse in Brasile in finale di Coppa del Mondo. Penso che ci siamo spiegati.

Il Deportivo Italia oggi

Deportivo Italia oggi

Tra il 1996 e il 1998 il Deportivo Italia divenne prima Deportivo Chacao (dal nome di un Comune metropolitano di Caracas) e poi Deportivo Italchacao, mantenendo comunque storia e colori della comunità italiana. Vinse il campionato 98/99 e ottenne ottimi risultati fino al 2003, anno del famoso crack Parmalat, sponsor principale e società che aveva preso il controllo del club.

Da lì fu buio. Il Deportivo retrocesse nella seconda divisione e solo nel 2006 sembrò tornare sui binari giusti, cambiando di nuovo nome in Deportivo Italia con la presidenza dell’Italo-venezuelano Eligio Restifo. Ma nel 2010 arriva l’ennesimo, per il momento ultimo, cambio di nome. Questa volta in Deportivo Petare, seconda la volontà dell’ingegnere Mario Hernandez, azionista di maggioranza, nonostante la contrarietà del Presidente e dei tifosi.

Riassumendo: sono passati 50 anni, il Deportivo Italia ha cambiato nome 4 volte, gioca in un altro stadio, nella serie B venezuelana, e l’italianità… Beh forse è meno sentita di una volta. Ma poco importa: quello che hanno fatto quei ragazzi del 71 è storia. E, perché no, tra altri 50 anni, in uno dei peggiori bar di Caracas qualcuno ne parlerà ancora.

Leonardo Alfatti Appetiti

Leonardo Alfatti Appetiti